Lo studio della termodinamica si è storicamente sviluppato a partire dallo studio dei gas,
anche se considerati sufficientemente rarefatti, per tirar fuori le evidenze sperimentali nel
loro comportamento meccanico e termico. Quello che si osservato è che le grandezze che caratterizzano
lo stato termodinamico dei gas sono la pressione, il volume, la temperatura, da esprimersi in
Kelvin, e il numero di moli. Prima di procedere con le evidenze sperimentali, è opportuno
dire che cos'è questo n, che cosa sono le moli del nostro sistema. Immaginiamo, per
fissare le idee, di prendere l'azoto molecolare, quindi formato da due atomi di azoto. L'atomo
di azoto è composto nel suo nucleo, che è la parte massiva, da 7 protoni e 7
neutroni. Quindi, il numero di particelle che pesa nell'atomo, gli elettroni sono trascurabili,
per questo ragionamento, sono un totale di 14 particelle. Ovviamente, nella molecola
di azoto, formata da 2 atomi, avremo un numero totale di 28 particelle. Ora,
si può dimostrare che se io vado a considerare una massa di azoto espressa in grammi, pari
a questo numero, cioè al numero delle particelle che fanno la massa nella molecola e quindi,
in questo caso, 28 g, la mia massa è costituita da un numero ben preciso di unità elementari,
in questo caso di molecole. Questo numero, pari circa a 6*10 alla 23, è il numero di
Avogadro, che chiamerò A_0. Il numero n rappresenta il numero di moli;
una mole è formata da 6*10 alla 23 costituenti elementari, che possono essere o molecole
o atomi. Dunque, quando noi mettiamo, per esempio, n=2, vuol dire 2 volte per 6*10 alla 23.
Passiamo ora alle evidenze sperimentali. La
prima evidenza sperimentale sono le osservazioni di Boyle e Mariotte: hanno studiato il comportamento
dei gas sufficientemente rarefatti considerando la pressione e il volume. La scoperta è che
il prodotto di pressione e volume, a parità di altre condizioni, quindi numero di moli
e temperatura, è una costante, c. È opportuno, quando si studiano questi sistemi,
fissare le idee; per esempio, immaginare di avere un contenitore chiuso su tre lat
con un pistone, e di andare a rappresentare queste due grandezze, pressione e volume,
anche in un diagramma, per capire cosa sta succedendo. Immaginiamo per esempio di prendere
un diagramma in cui l'ascissa è il volume e l'ordinata è la pressione. Dunque vorrà
dire che all'inizio noi avremo un volume V_0 ed una pressione P_0. E dunque il nostro contenitore,
con il pistone in una certa posizione, viene rappresentato in un punto qui.
A questo punto immaginiamo, molto lentamente, in modo tale che la pressione possa essere
definita per tutto il gas contenuto all'interno di questo contenitore; andiamo a variare il
volume, per esempio o abbassandolo, e quindi rispetto a V_0 ci sposteremo alla sua sinistra,
oppure aumentando il volume, quindi alzando il pistone. Per esempio, in quest'ultimo caso,
vorrà dire che il volume V_1 è maggiore, perché ho alzato lentamente il pistone. Ma
siccome il prodotto P*V deve essere una costante, vorrà dire allora che da questa equazione,
trovo che la pressione è la costante diviso il volume, che è l'equazione di un'iperbole,
rappresentata qui. Dunque vuol dire che, mano a mano che il volume cambia, la pressione
varierà come un'iperbole, fino a quando non otterremo il valore della pressione P_1 con
volume V_1. Questo tratto di curva deve essere un iperbole.
Questo modo di ragionare, quindi schematizzando in un esperimento ideale con un cilindro e
un pistone e ragionare sul grafico PV è prassi comune, quando si lavora con i gas
e la termodinamica. Una seconda evidenza sperimentale è la legge
di Charles e Gay-Lussac: questi hanno osservato che invece è il rapporto V/T ad essere una
costante, a parità di altre condizioni. Quindi, per esempio, se stiamo osservando volume e
temperatura dovremo bloccare pressione e ovviamente numero di moli. Questa costante c non è ovviamente
la costante che ho usato prima: vuol dire semplicemente che il rapporto è costante.
Un'altra evidenza sperimentale è invece data dalla legge di Avogadro: il rapporto di volume
su numero di moli, anche questo è una costante, se la pressione e la temperatura sono costanti
nel sistema. E quindi, variare una, ad esempio il volume, vuol dire, a parità di altre condizioni,
che sto variando anche il numero di moli. Dunque osserviamo che abbiamo tre evidenze
sperimentali: la prima Boyle-Mariotte, la seconda Charles e Gay-Lussac, la terza di
Avogadro. È possibile dimostrare che queste tre evidenze sperimentali si possono combinare
fra di loro, in modo tale da avere un'equazione che descriva compiutamente il comportamento
meccanico e termico, quindi termodinamico, del nostro sistema.
Giungiamo quindi ad affermare che il prodotto P*V è pari ad nRT. R è chiamata costante
dei gas ideali ed è pari ad 8,314. Ovviamente, guardando quest'equazione, possiamo dire che
le dimensioni sono J/(K*mol). Ora osservate che, se io blocco il numero
di moli e la temperatura, essendo R una costante, P*V sarà una costante, quindi ritrovo esattamente
la legge di Boyle e Mariotte. Potrei fare lo stesso ragionamento per Charles e Gay-Lussac
e per Avogadro. Ora, queste evidenze sperimentali sono state
ottenute con gas sufficientemente rarefatti. Infatti è vero che i gas reali non seguono
esattamente questa legge e soprattutto non la seguono a tutte le temperature. Dunque,
per poter ottenere le informazioni principali termodinamiche, meccaniche e termine, dei
gas, è opportuno riferirsi ad un gas, chiamiamolo gas ideale, di cui questa è l'equazione di
stato e rappresenta ai fini pratici un limite che possiamo raggiungere con i gas reali,
nel momento in cui sono sufficientemente rarefatti. Mentre invece, se sono molto compressi, si
allontaneranno da questa equazione. L'equazione di stato dei gas ideali è di
fondamentale importanza nella termodinamica, dunque è opportuno riportarla nel nostro
formulario di termodinamica. Dunque possiamo scrivere che il prodotto pressione
per volume è pari a numero di moli, R costante dei gas ideali, per temperatura.